Un progetto di Roberto Bonzio Italiani di Frontiera, powered by SistemEvo
Siamo in quarantena. In lockdown. Si parole che per noi erano praticamente sconosciute sono diventate le prime che ci svegliano la mattina di questa primavera. Il cui timido inizio ci ha lasciati di stucco. E’ cambiato tutto.
Ma non puo’ cambiare niente. Eh?
Tutti i piani che avevi fatto a fine dicembre per l’anno nuovo. Tutti i tuoi buoni propositi di cambiamento. Ricordi? Volevi andare in palestra? Eh che bravo, eh no, eh niente, sarò per l’estate. Volevi cambiare lavoro? Ma che dici, cambiare lavoro? Devi essere gà’ ben felice di non essere tra quelli che non stanno più lavorando causa virus, già licenziati o cassintegrati. O di non essere tra quelli che sono costretti a lavorare non in sicurezza, grazie proprio al virus. Ah beh. Martiri al fronte. Invece di lamentarti, a loro ci hai pensato? E poi scusa un colloquio adesso chi te lo fa?
Ah. Giusto. Ok. Resto fermo. Che il 2019 tutto sommato non era neanche poi cosi male.
Ah no, magari eri tra quelli che volevano cambiare moglie, marito o finanzata/o. Eh. No. Niente. Famoso aperitivo rinviato. Yes. Rinviato. Beh almeno rinviato offline. Non prendere multe. Online ci si puo’ sentire. Ma, anche se tante storie nascono online, alla fine senza offline si fa ben poco. Forse.
E cosi nell’epoca dei più grandi cambiamenti della storia, siamo di fronte ad un grande paradosso: tutto cambia mentre niente può cambiare.
Casa. Lavoro. Compagni di vita. Rimane tutto cosi. Tutto statico. Tutto fermo a quel giorno in cui ci hanno detto di non uscire di casa.
Da quel giorno tutto eècambiato, ma niente puà cambiare. E’ un po’ come quella muffa che da tempo è rimasta là. Anche tu. Rimani là. E non puoi fare niente? Ma ne sei sicuro?
C’e qualcosa che puo’ cambiare? Si. C’è. Ma dipende se preferisci far vincere l’ingegno o la paura.
Possiamo cambiare noi. Siamo sempre noi? Quelli che ci lamentavamo di non avere mai tempo per nulla? Ora che vogliamo ancora? Di tempo ne abbiamo in abbondanza, forse anche troppo. Forse non siamo più abituati a gestirlo per investire su noi stessi. Ma possiamo farlo, ed è questa la nostra grande occasione. Perchè, vi avviso, là fuori quando sarà finito tutto sarà una giungla. Una guerra vera. Perche’ gli impatti economici non stanno li a guardare. E dovremo farci i conti. Ognuno di noi. Nel silenzio delle nostre famiglie. Dove i soldi per la spesa e le bollette da qualche parte dovranno pure saltare fuori.
Scegli la paura? Possiamo scegliere di vivere questo periodo pieno di paure, seguendo in maniera ossessiva compulsiva i Social, i TG, i discorsi di questo o quello, le teorie complottistiche, le cospirazione cosmiche. Non sono un dottore, non saprei, ma così, a naso, vi direi che il vostro sistema immunitario ne risentirebbe se decideste per questa prima soluzione per passare il tempo. Anzi forse ne sta già risentendo con notti agitate e insonni a vivere, o meglio senza vivere, questo periodo che va cosi.
Scegli l’ingegno? Possiamo scegliere di vivere pianificando il futuro e preparandoci al meglio per affrontarlo. Perchè, in fin dei conti, è vero che è una guerra, ma è una guerra che ci hanno chiesto di vincere dal divano. Una volta che avrai portato a casa la pelle, devi anche avere un lavoro, perchè se è vero che di virus si può morire, è pur certo anche vero che si puoòmorire anche di fame. E non e’ certo bello farlo fissando un bel piatto condito di F24. Perciò cosa stai facendo? Mio consiglio: ok stai chiuso in casa, ma non far vincere la paura. Aguzza l’ingegno. Datti una mossa. Stai fermo, ma senza stare fermo.
Investi al meglio il tuo tempo in questo periodo.
Bisogna reinventarsi fin da subito il modo in cui faremo business. O di trovare clienti. Di trovarsi un nuovo lavoro. Il tutto non solo in Italia, ma anche all’estero. Perchè la buona notizia è che tutto questo sta dando movimento al mercato del lavoro e questo storicamente ha sempre dato ottime occasioni di risposizionarsi non appena il mercato ripartirà.
Quando tutto questo ce lo lasceremo alle spalle, si faranno dei grandi affari. E bisogna essere pronti. Tu lo sei?
Ho deciso di spendere il mio tempo nelle prime due settimane di clausura, preparando per voi questa guida, un concentrato di consigli su come sfruttare al meglio l’algoritmo di LinkedIn, e vari altri strumenti di intelligenza artificiale per i vostri scopi, sia per trovare un nuovo lavoro o nuovi clienti. Fate voi. Ma fate qualcosa. Che quando vi ricapita di aver cosi tanto tempo di investire su voi stessi, invece di star imbottigliati nel traffico.
Io non scelgo la paura in questo periodo. Scelgo l’ingegno, e ve lo metto a disposizione gratuitamente per la lettura. Una lettura in cui vi accompagnerò passo passo nel vostro nuovo viaggio di carriera. Quando siete pronti, venite con me qui, il vostro nuovo e brillante futuro comincia ora (qui il link ad Amazon), il vostro nuovo e brillante futuro comincia ora.
Silvia Vianello originaria di San Donà di Piave (Venezia) dirige l’Innovation Center International Marketing and Communication di Dubai (Emirati Arabi Uniti), dov’è stata direttrice Marketing di Maserati.
Per l’Italia l’emergenza può essere una grande occasione di rinascita. Ma servono giovani sognatori determinati che non si accontentino.
Originario di Paola (Cosenza), dopo una lunga esperienza in startup e aziende di Silicon Valley (dove ha girato questo video) Silvio Sangineto mentore e speaker in eventi è oggi Principal User Experience Designer di Springboard a Microsoft, tra Bay Area di San Francisco e Seattle (USA).
Siamo a pochi minuti da uno dei luoghi più emblematici e ricchi di storia al mondo, una città dove si vive da 8mila anni e il tempo sembra scorrere più lentamente. A pochi passi dal nostro quartier generale di Gravina in Puglia sorge Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, la città simbolo di tutte le culture dimenticate, di tutti i Sud del mondo, portatrice di un’utopia indispensabile capace di uscire dalla crisi e di immaginare nuovi modelli di vita, cultura ed economia. E se fosse proprio il Sud a guidare la rinascita del Paese?
Non potevamo che ripartire da qui, dalla bellezza del prezioso patrimonio del nostro territorio, che noi abbiamo definito “Murgia Valley”, e dalla storia di riscatto che ci tramanda da generazioni, per guardare con audacia e fiducia al futuro, nonostante i tempi infausti della crisi economica globale alle porte. Una crisi che domanda un radicale cambiamento negli stili di vita e di produzione. Modalità di lavoro agile e interconnesso, a cui una realtà informatica come la nostra, impegnata con le sue tecnologie nella rivoluzione della “smart mobility” e nelle soluzioni innovative IoT per il settore automotive, perseguiva già da tempo.
Adesso occorre lavorare maggiormente sulla consapevolezza di ciascuno di noi, sulle esperienze personali (alcune particolarmente dolorose), per trarre qualche insegnamento utile e riscoprire il senso di una sfida comune, una scommessa che noi già 20 anni fa avevamo lanciato fondando dal nulla, nell’ex distretto del mobile imbottito, una realtà tecnologica come Macnil, società del Gruppo Zucchetti, con headquarter a Gravina in Puglia e altre tre sedi in Lombardia (GT Alarm, Guard One Italia, KFT).
Nel pieno della crisi sanitaria di questi giorni, una delle sfide più urgenti da cogliere sta nelle cure a domicilio. Insieme alla altre aziende del Gruppo Zucchetti, Macnil ha messo il suo know-how al servizio di un progetto di telemedicina, per garantire ai pazienti assistenza da remoto e liberare rapidamente posti letto negli ospedali sovraccarichi. Un software user friendly che dall’Ospedale di Lodi utilizzeranno presto altre strutture sanitarie in Italia.
Al risveglio da questo incubo, il Belpaese dovrà puntare decisamente sulla ricerca scientifica e su modelli di welfare più inclusivi. In particolare attendiamo accelerazioni sulla digitalizzazione delle aziende, affinchè una nuova crisi non ci trovi impreparati nel futuro.
Mariarita Costanza e Nicola Lavenuta imprenditori (Gravina di Puglia)
Come titolo per questa mia riflessione in tempi di epidemia sceglierei: Listen often, Learn fast. (ascolta spesso, impara in fretta).
Grazie, grazie e grazie. Grazie poichè posso stare vicino ogni secondo alla persona che amo, mia moglie Hannah. Siamo due appassionati di tecnologia, Realtà Aumentata e Realtà Virtuale e amiamo combinarla costantemente con il nostro lavoro (Cinema e Architettura).
Non siamo mai stati così vicini e uniti, lavoriamo gomito a gomito nel nostro minuscolo studio, riempiendo la casa con amore, sogni e speranza. Con la speranza in un futuro migliore, che apprenda da questa dura lezione in fretta.
Qui negli USA le assicurazioni sanitarie stavano da anni investendo su abitazioni famigliari, e non solamente su ospedali o su uffici. Infatti uno dei problemi principali della sanità è legato alle condizioni dei luoghi in cui viviamo. Le nostre abitazioni sono uno dei primi motivi di unhealthy life-style (stile di vita non salutare). Molti degli investimenti passati furono rivolti alla creazione di grattacieli per i nostri uffici e in maniera ridotta abbiamo investito nel luogo in cui risiede il nostro cuore HOME. #stayhomeforever .
Per corredare il mio contributo ho scelto di creare un video allegorico, girato nelle strade di San Francisco, usando il silenzio come spunto di riflessione. Abbiamo investito il nostro tempo e denaro per erigere campanili pendenti, dimenticandoci delle basi sociali. Ora ci ritroviamo nelle strade deserte ad ascoltare e contemplare il silenzio dei pescatori.
Per ispirare, soprattutto i più giovani, una citazione che spero faccia riflettere: ” The illiterate of the 21st century will not be those who cannot read and write, but those who cannot learn, unlearn, and relearn.” (Gli analfabeti del 21 secolo non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere ma quelli che non saranno capaci di imparare, disimparare e imparare di nuovo, Alvin Toffler saggista e futurologo americano, 1928-2016).
#neusciremomigliori
Alberto Tono ingegnere di Padova nel campo del Computational Design ha appena fondato a San Francisco una startup, per ora top secret.
La moglie Hannah Luxenberg è Project Manager di Tactic.
Nel dramma dell’emergenza un’occasione di grande rinascita per l’Italia, la rivoluzione della scuola a distanza ne è un esempio.
Originario di Copertino (Lecce) Antonello TaurIno è attore e insegnante a Milano.
Questa emergenza ci sta insegnando di cosa far tesoro della nostra esperienza passata e cosa invece possiamo cambiare e migliorare. Marcello Forconi originario di Bologna dopo il postdottorato all’Università di Stanford è oggi Associate Professor di Biochimica e ricercatore al College of Charleston, South Carolina (USA).
Siamo in una fase di profondo e rapido cambiamento, un periodo in cui molti settori in difficoltá si trovano costretti a innovare velocemente. E noi Italiani – come ampiamente documentato da Roberto e Italiani di Frontiera – siamo estremamente bravi a trasformare ed innovare.
Sono un data scientist, data journalist e coder, ma prima di tutto mi occupo di creatività in ambito digitale. Mi piace creare, costruire e testare idee e prodotti digitali innovativi.
Vivo a Londra. Ho lavorato da remoto per parecchi anni, nel contesto di grandi e piccole startup, e nonostante mi manchino la famiglia, gli amici e l’Italia, sento che qui, nel mio appartamento-ufficio di Londra, non c’é spazio per la tristezza e l’apatia.
E così, tra una chiamata con dei data scientists in Argentina per trovare una risposta alle sfide lanciate dalla Casa Bianca su come analzzare i dati sul Covid, e una chiamata con l’Italia per il lancio di una nuova app sviluppata pro-bono a tempo di record, mi piace sentirmi parte di un grande team che sta mettendo i propri skills, qualsiasi essi siano, a servizio dell’emergenza. Perché ogni esperienza conta, e ogni opportunità che non cogliamo per fare, e soprattutto fare per gli altri, é un’occasione persa.
Ma come ne usciremo? Ricordiamo che oggi ci sono risorse digitali di ogni tipo per crescere ed esplorare nuovi interessi, quindi ritroviamo quella curiosità e spirito di iniziativa che ci contraddistingue ed impariamo cose nuove, buttiamoci in progetti anche folli, usiamo questo tempo per osare e provare. Cosí non perderemo mai, anzi ci divertiremo e ne usciremo migliori, piú consapevoli e anche piú capaci.
Stefano “Stefio” Ceccon, Data Scientist a Londra
Se da un lato questa Pandemia ha stravolto consolidate abitudini delle nostre vite, dall’altro per me (ma come me per molte altre persone) non ha cambiato molto. Mi riferisco nello specifico alla vita professionale di chi lavora nel mondo del digitale, fatto di email, slacks, video-call, remote working etc. Qui a New York migliaia di offici ed interi Building, si sono svuotati evidenziando a tutti come sia possibile ripensare non solo il modo e gli spazi in cui lavoriamo, ma anche come viviamo. Molti stanno riscoprendo valori e aspetti della nostra vita e sfera socio-affettiva, passati un po’ in secondo piano per via della routine frenetica e del “perché cosi fan tutti”. Molti altri hanno riscoperto il valore delle comunità come i ristoratori della grande mela, dove la proprio clientela grazie alla tecnologia, li sostiene con donazioni per superare la complicata situazione.
Questa non è solo stata la prima grande Pandemia del millennio ma anche la prima Infodemia della storia, dove le informazioni si sono sparse più velocemente della comprensione della situazione stessa (nel bene e nel male).
Ma dobbiamo guardare al domani con ottimismo, abbiamo difronte a noi un opportunità unica! Un reset di molte cose in cui ognuno può riconsiderare tutto e ricominciare qualcosa di nuovo. Non dobbiamo perdere questa opportunità perché quello sì, sarebbe un vero danno.
Cosa cambierà nella nostra vita? Non credo nulla che non stesse già cambiando, ma questo momento funzionerà da acceleratore al cambiamento. Sempre più stiamo creando una nuova civiltà, con nuove dinamiche socio-economiche, dove il valore non viene solo prodotto dalla capacità di produrre ma anche dal modo in cui orchestriamo e facciamo le cose. Più sostenibilità, più inclusione & etica, più sicurezza (fisica e mentale) e Social Good, in una società che passa dal “Age of I” al “Age of We”, cosi come la contro-cultura degli anni ’60 aveva già intuito ed anticipato.
Mirco Pasqualini, Stategic & Innovation Design di Rovigo, a Woodstock (New York)
Caro Roberto che tempi bui! Certo usciremo a riveder le stelle. Sul quando non mi pronuncio, quindi parliamo piuttosto del “come ne usciremo?”.
Io sono un fisico e quindi sono abituato a ragionare sui numeri. Mi piacerebbe parlare un po’ con i numeri per cercare di rispondere alla domanda.
C’è un paese che è stato colpito più o meno contemporaneamente a noi dal virus e a cui tutti guardiamo con stupore e forse, diciamolo, un po’ di invidia. È la Corea del Sud. Quando ll’Italia era già in lockdown ed i morti erano già oltre 1000, in Corea solo ristrette zone del paese erano in quarantena ed i morti erano meno di 70. In molti hanno analizzato il fenomeno e individuato di fatto due cause: un estesa campagna di test (oltre 222mila tamponi contro i circa 73mila italiani, all’epoca) ed un capillare controllo sociale tramite un’invasiva app sui cellulari. Di quest’ultimo punto e della pericolosissima sottovalutazione delle limitazioni alla privacy ed alle libertà personali cui si va incontro nei periodi di crisi, si potrebbe discutere a lungo. Basti pensare che alcune settimane fa negli USA sono stati reiterati dalla Camera degli Stati Uniti alcuni provvedimenti “temporanei” di limitazione dei diritti civili approvati in fretta e furia dopo l’11 settembre. Ma questa è un’altra storia….. e magari ne parliamo un’altra volta.
Torniamo al virus e ai tamponi. Perché la Corea ne ha potuti fare così tanti? Perché, dopo la crisi seguita alla SARS che li aveva colti impreparati, e nonostante l’esiguità dei morti di allora, la Corea ha studiato e messo a punto un sistema ed una metodologia avanzata di test che gli ha permesso di effettuare e valutare tamponi con grandissima rapidità ed efficacia.
Il tutto (sia l’analisi e la gestione dei risultati dei test che la limitazione agli spostamenti ed alle libertà personali) condito con un massiccio uso di tecnologie informatiche avanzate basate sull’intelligenza artificiale.
Come è stato possibile tutto questo e che lezione possiamo trarne per il nostro futuro?
Veniamo ai numeri di cui parlavamo prima e vedremo che la spiegazione ci sembrerà più chiara.
Nel 1965 la Corea del Sud aveva un reddito per abitante pari al 12 % di quello degli USA, nel 2010 era salito al 65 % di quello americano.
Con una popolazione di circa l’80 % ed un PIL di circa il 60 % di quello britannico, la Corea del Sud al 2015 investiva oltre una volta e mezzo in Ricerca & Sviluppo della vecchia signora del Commonwealth.
La Corea del Sud è il paese al mondo con la più alta percentuale di laureati. Nel 2015 quasi il 70 % dei coreani tra i 25 ed i 34 anni aveva una formazione di terzo livello. In Italia non si raggiunge il 20 %.
In piena crisi economica (2008-2009) il programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) ha chiesto ai paesi più sviluppati di rilanciare la crescita investendo nella “green economy”. La Corea del Sud ha investito 60 miliardi di dollari nel progetto (il 5 % del PIL), l’intera Unione Europea 23 miliardi (pari allo 0.2 % del PIL).
E guardando a livello continentale la situazione non migliora (per noi…). Nel 2010 gli investimenti europei in R&S erano pari al 24,9 % del totale mondiale, nel 2014 sono scesi al 21.5, nel 2015 al 21.3 e nel 2016 al 21 % con un evidente andamento a decrescere. In termini assoluti l’Europa spendeva, nel 2015, 401.1 miliardi di dollari contro i 776 dell’Asia (pari al 41.2 % del totale mondiale). L’obiettivo di Lisbona 2002 era di arrivare ad investire, entro il 2010, almeno il 3 % della ricchezza in R&S per arrestare l’evidente declino scientifico e culturale del nostro continente. Di fatto, al 2010 la percentuale era scesa dal 1.9 al 1.6 %.
L’Italia ha 3,4 ricercatori ogni 1000 lavoratori, la Germania 7,2 e la Francia 8,2 (il Giappone 11).
Non credo che servano molti commenti. E’ da queste crude cifre che si deve ripartire. Sono momenti come questi che ci devono far capire cosa è importante per un paese. Certo i legami sociali, la solidarietà, la partecipazione sono fondamentali. Ma la ricerca scientifica, lo sviluppo a lungo termine di un paese non si può basare sulle donazioni fatte sull’onda dell’emozione. Le grandi sfide del futuro si vinceranno con la scienza e l’innovazione. Ci vuole visione, coraggio, pianificazione.
Quindi è vero, ce la possiamo fare, ce la faremo, ma per farcela bisogna uscire da questa tremenda crisi guardando lontano e pianificando gli investimenti necessari non solo per l’immediato. Consapevoli e orgogliosi del nostro grande passato ma altrettanto consapevoli che è al futuro che dobbiamo puntare avendo l’umiltà di guardare e, se serve, copiare da paesi più giovani e dinamici di noi.
Parlando della nostra grande storia…… ho finito da poco di leggere “Enrico Fermi, l’ultimo uomo che sapeva tutto” (D.N. Schwartz) la biografia di un personaggio complesso e per certi versi controverso, ma indubitabilmente uno dei più grandi fisici dell’era moderna. Enrico Fermi ha lavorato in un periodo di enorme crisi (il fascismo e la seconda guerra mondiale), ha rivitalizzato la fisica nel nostro paese prima di emigrare negli USA, ha creato una scuola che ha plasmato la fisica statunitense ed anche italiana per anni. Oltre che un grandissimo scienziato Fermi è stato un fantastico maestro, un didatta inarrivabile a detta di tutti quelli che lo hanno conosciuto.
Un aneddoto…. Nel 1953 Freeman Dyson, uno dei più importanti fisici statunitensi del secolo scorso, allora trentenne, si reca da Fermi a Chicago per esporgli i suoi risultati su un problema avanzato di meccanica quantistica (l’interazione pione-protone). Dopo averlo ascoltato Fermi gli dice “Ci sono due modi per fare i calcoli in fisica teorica. Un modo,…, l’altro modo….. Lei non ha nessuno dei due.” Alle rimostranze di Dyson, Fermi argomenta la sua risposta e Dyson torna alla Cornell University consapevole che il suo lavoro di diversi anni non aveva superato il test di Fermi. Nel 2004 Dyson scrisse in un articolo su Nature: “E cosi fu l’intuito di Fermi, e non qualche discrepanza tra teoria ed esperimenti, a sbloccare me e i miei studenti da un vicolo cieco”.
Ecco, ora sembra che l’Italia si sia infilata in un vicolo cieco. Per il futuro servono guide come Fermi che abbiano il coraggio di indicare strade e di dire le cose come stanno e giovani che abbiano passione, competenze e l’umiltà di accettare un giudizio anche severo ma giusto e illuminato.
Alessandro Rossi fisico CNR a Firenze