Se da un lato questa Pandemia ha stravolto consolidate abitudini delle nostre vite, dall’altro per me (ma come me per molte altre persone) non ha cambiato molto. Mi riferisco nello specifico alla vita professionale di chi lavora nel mondo del digitale, fatto di email, slacks, video-call, remote working etc. Qui a New York migliaia di offici ed interi Building, si sono svuotati evidenziando a tutti come sia possibile ripensare non solo il modo e gli spazi in cui lavoriamo, ma anche come viviamo. Molti stanno riscoprendo valori e aspetti della nostra vita e sfera socio-affettiva, passati un po’ in secondo piano per via della routine frenetica e del “perché cosi fan tutti”. Molti altri hanno riscoperto il valore delle comunità come i ristoratori della grande mela, dove la proprio clientela grazie alla tecnologia, li sostiene con donazioni per superare la complicata situazione.
Questa non è solo stata la prima grande Pandemia del millennio ma anche la prima Infodemia della storia, dove le informazioni si sono sparse più velocemente della comprensione della situazione stessa (nel bene e nel male).
Ma dobbiamo guardare al domani con ottimismo, abbiamo difronte a noi un opportunità unica! Un reset di molte cose in cui ognuno può riconsiderare tutto e ricominciare qualcosa di nuovo. Non dobbiamo perdere questa opportunità perché quello sì, sarebbe un vero danno.
Cosa cambierà nella nostra vita? Non credo nulla che non stesse già cambiando, ma questo momento funzionerà da acceleratore al cambiamento. Sempre più stiamo creando una nuova civiltà, con nuove dinamiche socio-economiche, dove il valore non viene solo prodotto dalla capacità di produrre ma anche dal modo in cui orchestriamo e facciamo le cose. Più sostenibilità, più inclusione & etica, più sicurezza (fisica e mentale) e Social Good, in una società che passa dal “Age of I” al “Age of We”, cosi come la contro-cultura degli anni ’60 aveva già intuito ed anticipato.
Mirco Pasqualini, Stategic & Innovation Design di Rovigo, a Woodstock (New York)